Ehilà brava gente. Profittando del ponte dell’immacolata, rieccomi… recentemente mi è caduto l’occhio su un altro cosiddetto paradiso in terra, l’isola di Bali, uno di quei posti da cartolina con spiagge, sole, donne di sogno banane e lamponi avrebbe cantato Bruno Lauzi. Che è un po’ fuori mano, eh, visto che è una delle Isole ella Sonda, in Indonesia, quell’arcipelago a nord dell’Australia. Non ci sono voli senza scali intermedi. Però, dicono che ci sono tanti pensionati anche se più americani che europei. Per cui ho pensato di approfondire.
Il governo locale di Bali è a caccia di pensionati affluenti, e anche stavolta come per la Costa Rica o …… la definizione di affluenti ci prende tutti quanti senza troppi problemi, direi. Il programma di incentivi è rivolto a chi
- Ha almeno 55 anni
- Viene da una nazione in un ristretto elenco di 30 stati ricchi (l’Italia è inclusa)
- Non intende lavorare lì
- Acquista o affitta un immobile sul luogo
- Dispone di almeno 1500 dollari US al mese — comprendendo pensione più eventuale prelievo sui risparmi
- Dispone di assistenza sanitaria in patria o acquista una assicurazione sanitaria in loco.
I vantaggi per chi partecipa al programma sono:
- Conversione immediata della patente e conseguente possibilità di acquistare o noleggiare veicoli
- Visto di ingresso e uscita illimitato
- Accesso a tutte le merci e i servizi agli stessi prezzi che si fanno ai cittadini
- Permesso di soggiorno annuale, rinnovabile per cinque anni al termine dei quali tipicamente viene concessa la cittadinanza. C’è un asterisco: il governo indonesiano non riconosce la doppia cittadinanza
Economicamente sembra davvero intrigante. Il sito
https://www.expatistan.com che abbiamo usato in passato per valutare il costo della vita dice che a
Denpasar, la capitale di Bali, vivere costa la metà che da noi. Ricordo come sono messi gli altri posti che abbiamo valutato:
Bulgaria (Varna) -44%
Marocco (Marrakesh) -40%
Tunisia (Hammamet) -39%
Spagna (Santa Cruz de Tenerife) -18%
Costa Rica (Carthago) -13%
Cipro -6%
Portogallo (Cascais) -7%
Malta -2%
E sin qui son rose e fiori. Andiamo a cercare le spine.
L’indonesia non fa parte dell’OECD; quindi mancano i dati filtrati e normalizzato che amo di più. Però sono partito dal rapporto del Dipartimento di Stato USA, già usato in qualche mail precedente di questa mia serie: è gente che di mestiere fa le pulci ai posti frequentati dai turisti americani.
In sintesi, il rapporto limitatamente a Bali invita a non ubriacarsi nei night club, a stare attenti a non farsi borseggiare nelle zone turistiche, e che le donne sole potrebbero venire palpeggiate dai mascalzoni. Roba antipatica ma credo si possa dire lo stesso — tranne al più l’ultima che letteralmente non ci tocca — pressappoco di qualsiasi zona turistica comprese quelle italiane. Più inquietante il atto che, a sentire gli americani, sono rampanti le truffe informatiche, intese come clonazione di carte di credito, bancomat e furto di identità ai danni degli occidentali.
La condizione delle strade locali è scarsina, come un po’ ovunque tranne che in occidente, e a Bali la prima causa di morte tra gli occidentali è l’incidente stradale mentre guidavano uno scooter. Buona invece la rete autostradale a pagamento.
che lista l’Indonesia come uno dei pochissimi posti extraeuropei dove è più difficile farsi ammazzare che in Italia.
Sistema sanitario: purtroppo, deficiente. I servizi di ambulanza non sono disponibili e se qualcuno deve correre all’ospedale deve prendere un taxi. L’acqua del rubinetto non è potabile. Bisogna tenersi in regola con le vaccinazioni contro malaria, dengue, zika, encefalite e rabbia. La situazione sta migliorando rapidamente da quel che leggo, grazie a un sostanziale e netto miglioramento dell’economia (+5% anno su anno dal 2014), ma partendo da livelli molto bassi. Nel 2012 c’erano 0,9 letti d’ospedale ogni mille persone, l’anno scorso erano 1,17 (per un confronto: Italia 3,14; Costa Rica 1,2). Ben il 63.5% degli ospedali sono privati (Costa Rica: 5%), quindi l’assicurazione sanitaria privata è davvero imprescindibile.
Abbiamo anche provato a usare l’andamento della lotta al Covid come metro di misura per il funzionamento del servizio sanitario, ma per un posto tanto lontano dall’Europa vale poco. Comunque: in Indonesia sin qui ci sono state 16.815 morti imputate al coronavirus cioè il 6,28 per centomila. È un valore significativamente più basso di tutte le altre nazioni considerate (in Italia siamo a 90,85 morti per centomila persone).
Akko